martedì 4 luglio 2017

Cani e Padroni di Cani (nei Treni)

Martedì 4 Luglio 2017, ore 18 circa.

Sono seduto un po' precario su di un predello nel corridoio affollato della carrozza 5 dell'IC 613 che percorre la tratta Bologna Centrale-Forlì.
La carrozza si sta riempiendo e da scaltro pendolare abbonato ho optato per il predello, così non rischio di accomodarmi all'interno di uno scompartimento ed essere poi spodestato da un viaggiatore occasionale con il posto prenotato.
C'è un gran viavai per il corridoio. Mi assottiglio per lasciare passare ragazze coi loro trolley deraglianti e c'è anche un gruppetto di signori di campagna con il riporto; forse sono scozzesi (dicono qualcosa tipo "locnesh locnessnesh"). Tanti sottoascella che passano sopra alla mia testa.

Lo scompartimento davanti a me è già pieno, ma è chiaro che ora qualcuno dovrà lasciare il posto perché si vede arrivare una famigliola che sfida le correnti contrarie di viaggiatori e sembrano determinati. Hanno il biglietto prenotato, posti 41 e 42 uno di fronte all'altro; due sono i biglietti ma quattro sono gli esseri che devono entrare: un giovane padre poco alto e quadrato, una ragazza che tiene per mano un bimbetto riccioluto dell'età presunta di due anni.
Infine, sorpresa! Sul trolley trascinato dal papà c'è in equilibrio basculante un cagnetto marrone tipo Chihuahua, col pelo arruffato e con una ampia zona  sotto la coda che presenta un colorito vagamente inquietante.
Questo povero cagnino è precario in quella strana situazione; tutte le sue energie sono destinate a rimanere miracolosamente sulla cima di quella superficie liscia e convessa  e semovente.
Si fermano davanti alla porta scorrevole, la aprono e mostrano i loro biglietti. Qualche minuto di assestamento durante i quali vengono rimossi due pendolari intrufolati ed i quattro prendono posto all'interno dello scompartimento.

Con la consueta amarezza vedo la scena che ho visto tante volte ripetersi. Prima di tutto il cagnuolo viene appoggiato sulle poltroncine di velluto mentre gli altri si sistemano. Guardo con crescente orrore il suo ano che si stropiccia sulla seduta e nella parte bassa dello schienale.

Quindi viene alzato, e sotto di esso viene posto il trolley. Il botolino sembra preoccupato, si ritorna a basculare pensa. Ma per fortuna ora ha dei punti di appoggio. Ora può appoggiare il suo sottocoda contro il poggiatesta della poltrona, quel poggiatesta che diventa mio guanciale quando riesco ad accomodarmi all'interno dei pregiati scompartimenti di Trenitalia e mi abbandono stanco.

Come tutti i mini-cani anche questo è ipercinetico: si appoggia, abbaia, si rigira, si riappoggia.
Mentre rotea come un derviscio gli osservo meglio l'area perianale. Quel colore quella tonalità screziata, quei riccioletti incolti. Sembra umido. A quel cane senza dubbio suda il culo. Come minimo.

Comincio a ripensare alle mie abitudini. varie volte alla settimana mi accascio su quelle poltrone come se fossi a casa mia, come se fossi sul mio divano  e ci resto per circa tre quarti d'ora. Forse devo ripensare a qualcuno dei miei gesti spontanei e delle mie abitudini.

Comincio a pensare che potrebbe esserci qualcosa di scorretto in tutto ciò. Mi sembra, quello della famiglioletta, un modo di gestire il cane nei mezzi pubblici non del tutto irreprensibile.
Se passasse il capotreno penso, di certo avrebbe qualcosa da ridire.

Ora l'assetto del gruppo è stabile. Il bambino di due anni è l'unico del gruppo che rimane in piedi a metà strada tra le ginocchia del babbo e quelle della mamma, che sono comodamente seduti ed hanno grande cura del cagnolino; lo rassicurano e blandiscono, ma quella traccia di risentimento canino lo adombra. Il bimbo si avvicina e prova ad accarezzarlo; lui, irascibile si rivolta e gli abbaia contro. E allora la carezze diventano schiaffi belli e buoni. I genitori fanno eh eh eh! serenamente rassegnati, il cagnolino si ribella ancora di più, e ringhia minaccia di mordere la manina paffuta.

Ora il botolino è parzialmente appoggiato con la parte anteriore, sulle gambe della ragazza. La parte posteriore è ovviamente in perenne titillazione sul bracciolo vellutato, quel bracciolo su cui, inutile dirlo, mi appoggio quotidianamente, fiducioso.

Comincio a pensare che in assenza di capotreno o controllore dovrei agire io, ma perdonatemi: non ne ho le palle. Allora cosa faccio? Il Gabanello.
Scatto alcune foto, tra le cui una che mostro qui sotto. Non vengono un granché, c'è il riflesso sul vetro e non voglio dare nell'occhio.

Una foto purtroppo non abbastanza significativa del botolino e della giovane madre.

Ma attenzione! Forse è il momento della riscossa! Dietro di me sento un pacato chiedere di biglietti. E' il capotreno che sta passando a verificare.
Cosa farà la famiglia? Rimetterà il botolo dove dovrebbe, cioè in un contenitore, in una sporta come dovrebbe secondo le regole... comunque sul pavimento? La passerà in questo modo liscia di fronte all'autorità?

Neanche per sogno. Il botolino resta saldamente con le zampine sulle coscie della padrona e con il di dietro ben strusciate su tutto l'arredo dello scompartimento. La ragazza ride tanto. Beh questo è bello da vedere. E' felice e non tiene pensiero.

Il controllore - ora lo inquadro: è un ragazzetto biondo alto e magro che è palesemente solo travestito da pubblico ufficiale, sembra piuttosto un tedesco sedicenne che divagando sulla linea gotica si è preso tra gli appennini ed ha trovato una locanda in cui fanno cappelletti tanto buoni - non fa una piega. Apre la porta scorrevole, chiede i biglietti e fa un meraviglioso sorriso al bimbo.
"Dai Leo, fai ciao al controllore!" Lo incita la mamma.
Leo, è un po' svogliato, concede un ciao al controllore che compiaciuto gira i tacchi e prosegue il suo Tour dell'Ammore.

Ma cosa mi aspettavo di diverso?

Noto un altro pendolare due predelli davanti a me. Avrà dieci, forse quindici anni di pendolarismo sulle spalle in più.
Guarda fisso all'interno dello scompartimento. Sembra una statua severa. Fissa come un cane da punta. Posso solo immaginare cosa sta pensando, le sue emozioni. Questa è una persona che un giorno scoppierà.
Perché un pendolare è una bomba, una pentola a pressione con la valvola un po' rovinata.
Un pendolare non perdona neanche la minima infrazione, è estremamente abitudinario. Un pendolare odia i viaggiatori impreparati, quelli che bivaccano come in un campeggio, i maleducati che allungano le gambe e appoggiano i piedi sulle poltroncine di fronte, quelle loro luride scarpaccie da ginnastica, quei sandalacci sozzi. Anche le donnelle che si tolgono le calzature ed appoggiano i piedi nudi sudaticci. E soprattutto quelli che portano cani e li fanno accomodare dove dovrebbero sedere le persone. Non parliamo dei punk che trascinano molossi giganteschi senza museruola tra bimbi ed anziani.
Ma soprattutto odiano i viaggiatori compiacenti, che non si scandalizzano ma che sorridono vedendo il viziato angioletto di turno, oppure vedendo il bimbo senza educazione che getta a terra il sacchetto di patatine, il bicchiere di coca o striscia il proprio moccio sul vetro mentre i genitori che non fanno altro che compiacersi del loro genio in erba.

Ed ancora di più odia la Brambilla e Trenitalia, coi loro accordi che hanno permesso lo scempio proprio nei giorni di punta, quelli accaldati, in cui le persone viaggiano accatastate sulle carrozze ed il condizionatore è fuori uso per il troppo caldo. E si unisce alla bolgia anche la fragranza di cane bagnato.

Insomma il pendolare, il giorno in cui veramente avrà la possibilità di scegliere tra democrazia, libertà ed egualitarismo oppure un regime totalitario saprà esattamente cosa votare. Perchè da anni  gli è sempre meno tollerabile la mancanza di rispetto per le persone ed i beni comune, anche quella causata da stupidità o da improvvisazione. E sulle carrozze dei treni vede, in sezione, il disastro umano, il lato B di tutti quei musetti pubblicati su facebook.

E si vendicherà con cattiveria.


Intervallo

(Trenitalia Gallery)


Bivacco di famiglia sull'IC613 - 19 maggio 2017


4 commenti:

  1. Stessa cosa negli ambulatori medici.
    Ognuno padrone a casa di altri, quando magari a casa sua invece striscia represso cercando di non farsi notare dal consorte.
    E non c'e' colore o lingua che faccia la differenza. La gente non ragiona ma, come i loro cani, agisce d'istinto. E si fa governare da un egoismo senza rimedio. Purtroppo ci devo lavorare in mezzo tutti i giorni. E a volte il mio, d'istinto, sarebbe quello di sparare ad alzo zero senza chiedere per favore. O perlomeno fargli notare la loro maleducazione. Qualche volta lo faccio, ed e' strano : capita che si stupiscano e si scusino. Ma e' raro.

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    1. E' vero, in effetti il vostro mestiere vi espone ad uno "stress sociale" continuo! In parte sono cambiati i codici di comportamento e noi viviamo come "bullismo" comportamenti che sono semplice incoscienza di quelle che erano buone maniere tradizionali. Il problema è se questo nuovo stile è regressivo e dannoso oppure... semplice modernità.

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  2. E quelli che a venti chilometri dalla stazione cominciano ad agitarsi? Vogliamo parlarne? I treni ai pendolari! Patentino a punti per viaggiatori!

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    1. Dai! Tiriamo fuori tutto quello che coviamo da anni! E in barba all'ing. Moretti per la linee standard vogliamo DA SUBITO stessa dignità ed investimenti dell'alta velocità!

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