giovedì 15 settembre 2016

Moro - Forlì con gli occhi bassi



Dice: parla di te, dei tuoi sogni, nella Forlì degli anni Novanta. Di quello che volevi diventare e di come ti sei perso, se ti sei perso. Di come la città ti ha sviato, ti ha bloccato e ti ha tradito. Ma Forlì non mi ha tradito. Quello che volevo diventare, più o meno, sono diventato. Certo, all'inizio volevo essere Beccalossi, Paul McCartney e T.S. Eliot – ma poi ho pensato che era meglio un posto fisso da intellettuale di stato.
            Quello che mi sono perso, negli anni Novanta come negli anni Ottanta, è Forlì.
            Scrivo questa cosa in un appartamento in periferia. Il PC è appoggiato su un tavolo nuovo in una cucina nuova – nuova per me – con vista sui tetti e sulle colline intorno a Predappio. Quando lavoro in casa guardo questo spicchio di colline in lontananza – ne imparo i contorni, ne interpreto le macchie di colore. Sono un po' mie: il pezzo che si vede bene, sotto al cornicione di un tetto, e quello seminascosto dietro a tre alberi e a un paio di parabole. Conosco queste colline meglio di quanto conoscessi qualunque pezzo della mia città negli anni Novanta. Le conosco perché le guardo. Forlì, negli anni Novanta, non la guardavo mai.
            Ho passato gli anni Ottanta e gli anni Novanta a spostarmi – in bicicletta, in macchina, a piedi – e a immaginare cose. Immaginavo quello che sarei diventato, o fantasticavo su quello che ormai non sarei più potuto diventare. Immaginavo storie con ragazze che sapevo di non poter avere. Immaginavo di diventare un calciatore, per qualche via fortunosa, senza neanche impegnarmici troppo. Immaginavo di essere un musicista famoso. Uno scrittore. Un professore universitario, un intellettuale letto e ascoltato. Immaginavo, e non alzavo mai lo sguardo. Piazza Saffi era un luogo di ritrovo con gli amici, corso Garibaldi e via delle Torri erano territori di caccia. Le chiese romaniche, i palazzi nobiliari, le vie romane, le spianate dove prima c'era un teatro – tutto questo non esisteva. Le terre desolate intorno a via Ravegnana o viale Risorgimento, per me, per noi, valevano quanto i vicoli di Schiavonia e Piazza Duomo, già Piazza Santa Croce – e forse di più, perché quando devi diventare qualcosa sono meglio le strade senza nome, rispetto alle piazze che di nomi ne hanno cambiati due o tre.
            Non guardare le cose, penso ora, è una forma di tradimento. Ma io Forlì, negli anni Novanta, l'ho tradita davvero, più volte e non solo col pensiero. L'ho snobbata e me la sono lasciata alle spalle – o almeno così credevo. Me ne andavo altrove, a conoscere altra gente, e intanto le colline erano qui che mi aspettavano.

domenica 4 settembre 2016

UN UNIVERSO DI CRISI INFINTE


Crisi.
Una parola che fa tremare i polsi, che odora di paura del futuro, di depressione, solitudine e sofferenza.
Tutti eventi non certo piacevoli, a meno che tu non sia un supereroe, che invece spesso si crogiola, come un poeta bohemmien, nell'abbraccio mortale dell'inevitabile fine dell'esistenza, ammantata di gloria imperitura.
Anche perche', si sa, per lui la fine, quella vera, non verra' mai.
Schiavo felice di un ciclo perenne di morti e rinascite, laicamente figlie del marketing, il dolore lo rende affascinante, la sua sofferenza fonte inesauribile di copie vendute, anche se scritte con il proprio sangue.
La DC comics soprattutto, ha fatto della parola Crisi e di tutto cio' che sottintende, un appuntamento annuale imprescindibile per ogni suo fan che voglia soffrire, e godere, insieme ai propri idoli.
Un sacrificio ogni tanto, per il divertimento del popolo acclamante, come nelle arene dei gladiatori dell'antica Roma.
In realta' vere e proprie apocalissi cosmiche, che coinvolgono universi interi, rivoltati come un calzino mille e mille volte, fino a lasciarli logori e pieni di buchi.
Ma finch'è' il popolo accorre ad assistere all'ennesimo sterminio di massa, non facciamoci troppi scrupoli ed andiamo avanti.

Flash dei due mondi (1961), capitolo primo

Tutto inizia nel 1961 sul numero 123 di Flash, dove fa capolino per la prima volta il concetto di Multiverso.
In questa avventura scritta da Gardner Fox e disegnata da Carmine Infantino in piena Silver Age ed intitolata : "Flash dei due mondi", durante un esibizione di beneficenza il velocista scarlatto vibra con una tale intensita' da attraversare il sottile confine tra i mondi alternativi, ritrovandosi improvvisamente nell'universo di Terra 2.
Egli scopre che esso coincide con quello fumettistico del suo eroe preferito, quel Jay Garrick (il Flash con la padella sulla testa), che fino ad allora egli credeva essere personaggio di pura fantasia.
Jay nasce dalla stessa penna di Fox, nel 1940 su Flash Comics, ed impazza durante la Golden Age insieme ai suoi compagni della Justice Society (Dr.Midnight, Hawkman, Johnny Thunder, The Atom), creando quell'fertile substrato da cui nasceranno i moderni eroi DC della Silver Age, alcuni (come Flash appunto), ripercorrendo pedissequamente, ma con piccoli aggiornamenti estetici (Garrick nasconde il suo costume scarlatto in un prosaico armadio, Allen invece in un avveniristico anello, e come faccia a rimettercelo dentro e' tutt'ora un mistero), i passi dei loro predecessori.
Epoca gloriosa, che veniva utile reinserire nel neonato mondo supereroistico, per ampliarne i confini.
I velocisti nella Dc comics, per la loro abilita' di attraversare le dimensioni, sono sempre stati utili esploratori di universi fisicamente o temporalmente alternativi.
Durante gli anni quaranta ne esistevano addirittura tre : Johnny Quick che otteneva il suo potere dopo aver pronunciato una formula matematica (3x2(9yz)4), il succitato Jay Garrick, e, primo fra tutti, il misterioso Quicksilver, poi divenuto Max Mercury nella sua rivisitazione da parte di Mark Waid, che aveva ottenuto i suoi poteri da uno shamano indiano, e che poi divenne il mentore dei primi due.
I viaggi nel tempo erano frequenti, ma Barry Allen (il Flash moderno), ando' oltre.
Fu il primo supereroe ad infrangere ogni possibile barriera dimensionale, tramite l'uso del suo Tapis roulant cosmico, anche quella considerata l'ultimo grande tabu' : la quarta parete.
In un gioco di rimandi tra realta' e fantasia, Barry dichiara che le storie che leggeva da ragazzino sul Flash/Golden Age, erano scritte proprio da Gardner Fox (autore nella realta' e nella finzione), ed alla fine della storia, si rivolge a noi lettori, affermando : " Devo andare da Gardner per raccontargli la mia avventura. Sono sicuro che ne trarra' una storia entusiasmante.".
L'incontro con il giovane Barry convincera' il piu' anziano, e ormai pensionato Jay a riprendere costume ed abitudini.
Questo episodio dara' il via ad una serie di incontri/scontri tra gli eroi delle due terre sia in solitaria (Flash 1 e Flash 2), che in gruppo (JLA e JSA).
Il gioco era cominciato.

sabato 3 settembre 2016

Siamo Proximi alla vita?

by Robo


Proxima del Centauro é una nana rossa. Una stella come tante nella nostra galassia, senza particolarità di rilievo. Non è uno di quei rari e affascinanti giganti dalla vita breve e agitata, nè fa parte degli strani  oggetti ibridi tra stelle e pianeti giganti, le nane brune, che hanno messo in crisi le nostre categorie e ci hanno ricordato che la realtà é continua anche se cerchiamo di ridurla alla nostra discrezione. Proxima appartiene alla tipologia di stelle prevalente nella nostra galassia; le nane rosse come lei costituiscono l'80% dell'intera popolazione stellare, é, potremmo dire, un oggetto "mediocre".
Ma una caratteristica rilevante Proxima ce l'ha: é la nostra dirimpettaia nel braccio di Orione della Via Lattea. Il Sole dista da lei "solo" 4 anni luce circa, un piccolo passo nelle immensità cosmiche ma un passo che forse non saremo in grado di fare per molto tempo ancora, a meno che lo Starshot program del miliardario Yuri Milner non diventi realtà