mercoledì 14 dicembre 2016

UNA (LUNGA) STORIA MUTANTE seconda parte

Grant Morrison (2001-2004)
 
All'inizio degli anni duemila, il mondo mutante subiva le conseguenze di uno boom demografico senza precedenti.
Le testate avevano continuato a moltiplicarsi  raggiungendo il ragguardevole numero di 7 : "Uncanny X-men", "X-men", "X-force", "X-factor", "Excalibur", "X-man", a cui si era aggiunta "Generation-X" di Lobdell/Bachalo ennesima variazione sul tema "scuola-per-superdotati", ognuna con il suo team di personaggi, che spesso si incrociavano in estenuanti cross-over, affogando il fedele lettore in un oceano di mutazioni.
Al contrario della quantita', che sovrabbondava, era la qualita' che cominciava a latitare, mentre un pubblico sempre piu' smaliziato cominciava a reclamare nuovi stimoli.
Per gestire questa situazione magmatica, venne chiamato colui che della qualita' aveva fatto il suo marchio di fabbrica : quel Grant Morrison, che aveva ringiovanito vecchie glorie come la Doom Patrol in casa D.C.
Egli riusci' in soli 40 numeri dei suoi "NewX-men" a soddisfare sia gli affamati di novita', sia gli ultraconservatori.
Il suo tocco magico, tra classicismo ed innovazione, rinvigori' l'UM (Universo Mutante)  preparandolo alle sfide degli anni duemila.
Introduce il personaggio di Cassanda Nova, sorella di Xavier e sua antagonista fin da dentro l'utero materno. I tentativi di distruggerla, sono destinati a fallimento, perche' i suoi poteri mentali le consentono ogni volta di crearsi un nuovo corpo. L'odio per il fratello la portera' ad annientare  ogni cosa egli ami, ad esempio l'isola di Genosha, vero simbolo del sogno di Xavier di trovare per i propri pupilli un oasi di pace ed indipendenza.

venerdì 18 novembre 2016

UNA (lunga) STORIA MUTANTE. Prima parte

La mutazione e' il detonatore per ogni esplosione evolutiva.
Se non fosse stato per un piccolo gene, apparentemente impazzito ma poi rivelatosi fondamentale per la nostra evoluzione, forse saremmo ancora appesi ad un ramo a guardare il mondo dall'alto (e visto come abbiamo gestito male questa nuova situazione, forse era meglio restare sugli alberi).

Il progresso tecnologico, tentando di risolvere le anomalie, ha finito per eliminare anche quelle potenzialmente utili, creando un periodo di stagnazione genetica.
Una soluzione drastica al problema potrebbe essere quella ipotizzata dal romanzo fantascientifico "L'araldo dello sterminio" di Michael Shaara del 1981, dove, tramite l'uso di un gas letale altamente selettivo (uccide tutti quelli che hanno un Q.I. inferiore ad un certo livello), si cerca di dare la spinta definitiva al genere umano.
Il concetto e' conosciuto : si chiama " preservazione della diversita'".
Questo la Marvel lo ha capito benissimo, ed ha cercato fin da subito di sfruttare, narrativamente parlando, le potenzialita' del gene X, il gene mutante.
Nella sua realta' le mutazioni sono improvvisamente esplose in tutto il mondo come bombe a tempo, determinando una forzata convivenza tra normale e diverso.
Con evidenti dolorose conseguenze.
Da anni infatti su TERRA 616 e' in atto in una guerra tra homo sapiens e homo superior, una lotta fratricida tra conservatori e progressisti, con il vincitore determinato a segnare il cammino del genere umano.
All'inizio i mutanti erano niente di piu' che uno sparuto gruppo di teen-agers afflitti dai dolori della crescita e alle prese con poteri e responsabilita' al di sopra delle proprie forze, semplicemente alla ricerca di un po' di pace e comprensione.
Oggi sono diventati una nazione ben organizzata, anche se divisa in fazioni, ognuna con una precisa idea di come gestire il proprio futuro.
Ma la strada per arrivare a cio' e' stata lunga e dura.
Il primo mutante copnosciuto e' Namor il Submariner,  nato nel 1939 dalla penna (e matita) di Bill Everett sulle pagine della rivista "Motion picture funnies weekly" della  Timely Comics, futura Marvel.
Namor, la cui vera natura si scoprira' solo successivamente, vive nel suo mondo acquatico, tutto compreso nel ruolo di Signore degli abissi, e ben al di sopra di ogni miseria umana (a parte qualche sortita sulla terra emersa a caccia di una compagna).
Ma i mutanti storicamente piu' famosi sono ovviamente gli X-Men.
All'inizio erano degli sprovveduti cucciolotti, gettati in pasto alle belve da una natura crudele, nell'arena gladiatoria della vita.
In seguto pero', hanno imparato a difendere piuttosto bene la propria liberta' e dignita'.
 
Suddividero' cronologicamente la loro storia secondo le gestioni dei principali autori che via via si sono succeduti al timone delle serie principali.

giovedì 17 novembre 2016

Qualcosa sui sistemi elettorali (...mazza che post attrattivo!)

by Robo


Tutto scorre...lentamente 
Siamo alle soglie di un ennesimo tentativo di cambiamento istituzionale. Ricordate i precedenti? La riforma, da parte del governo di sinistra, del titolo V ci ha regalato enti regionali che si sono (almeno alcuni di loro) sputtanati nello spreco di denaro pubblico; la bicamerale di D'Alema fallì perché il Berlusca non voleva lasciare alla sinistra il merito di aver avviato un cambiamento radicale; il referendum sulla riforma istituzionale del governo Berlusconi (la c.d. Devolution) fu bocciato sulla spinta dell'argomentazione del rischio democratico.
Bene, ora il Berlusca e D'Alema sono alleati de facto per far fallire la riforma istituzionale di Renzi che reca in sé almeno qualcuna delle loro pregresse proposte. Certo che sentire Berlusconi parlare di pericolo di derive autoritarie a me fa pensare che 1) sto pericolo non c'é mai stato, neppure prima, quando a farlo presagire era la sua proposta che pur aumentava, a differenza di questa, i poteri del premier; 2) si dicono le cose che conviene dire per opportunità politica, tutti; 3) esisterà un reale rischio democratico quando la maggioranza dei cittadini inizierà realmente a preferire altre modalità di governo, non solo a parole tipo "a da venì baffone...", ma votando una italic version di Putin o Erdogan, e questo a prescindere dal sistema di voto e istituzionale 


"Non sono cattivo...é che mi disegnano così!"

domenica 13 novembre 2016

ESTETICA GIAPPONESE (work in progress)

Shibusa
La assidua ricerca per costruirsi la Via, la strada attraverso la quale riuscire a vivere in maniera soddisfacente, non puo' prescindere per il giapponese da un raggiunto equilibrio sia interiore, con il proprio io, sia esteriore, con la natura.
Questo percorso passa attraverso un profondo senso estetico.
Non e' cio' che noi occidentali riconosciamo come mezzo per distinguere il bello dal brutto, ma piuttosto un atteggiamento nei confronti del mondo circostante.
Fortemente influenzato dalla visione buddista del'esistenza, diventa un modo di interpretare la vita, una miscela di accettazione, equilibrio ed osservazione, e passa attraverso l'applicazione di tre concetti fondamentali, i cosiddetti tre segni buddisti dell'esistenza : l'insoddisfazione (ricerca), l'impermanenza (accettazione) e l'impersonalita' (osservazione).
Lo sforzo e' quello di costruirsi piccole oasi di serenita' ed equilibrio, nel caos emotivo del vivere quotidiano.
Come tanti chiodi da roccia, che permettano allo scalatore di continuare la sua salita alla vetta.

 
  Wabi sabi 
La strada per la perfezione e' ardua ed impervia.
Il viale che conduce al giardino zen, rappresentazione del luogo idilliaco e finalmente realizzato che ci aspetta alla fine del Lungo Viaggio,  e' spesso lasciato nel caos naturale del normale fluire dell'esistenza, e rappresenta la fatica del Percorso (la Via, il Tao).
Il concetto di Wabi Sabi (che puo' essere tradotto come l'unione di "semplice e austera bellezza" e "patina rustica"), tanto caro ai giapponesi, definisce un atteggiamento nei confronti della natura e della sua bellezza, l'atto puramente contemplativo, la sorpresa quando essa si manifesta, la capacita' di coglierla anche nelle sue forme meno appariscenti, l'accettazione della transitorieta', di ogni sua imperfezione.
In realta' non esiste imperfezione nell'ordine naturale delle cose.
Un nodo nel legno, la scheggiatura di una tazza, un ramo spezzato : tutto contribuisce all'equilibrio, tutto ha una sua giustificazione esistenziale.
La bellezza nel wabi sabi trascende i concetti estetici come noi li intendiamo, va cioe' al di la dell'aspetto esteriore delle cose.
 
  Mono no aware 
Il concetto estetico del Mono no aware, e' quello che piu' si avvicina a cogliere l'essenza della cultura giapponese. Puo' essere tradotto come "il pathos delle cose", e fotografa il tentativo di coglierne la bellezza nella transitorieta', la dolce tristezza che accompagna la fine di ogni cosa, e la sua serena accettazione.
Anche qui e' l'osservazione, la parte essenziale.
Nei films del regista Ozu diventa piu' importante l'espressivita' delle cose che la recitazione degli attori. L'inquadratura di un vaso, di un angolo tagliato dalla luce, spesso valgono piu' di mille parole. L'Hanami (la festa dei fiori di cigliegio) ne e' l'espressione piu' piena.
 
  Yugen 
Yugen puo' essere tradotto come "profondita' misteriosa", ed e' la contemplazione della natura filtrata dalla nostra immaginazione, il tentativo di cogliervi cio' che va al di la della sua semplice visione. Non e' osservazione passiva, ma anzi, la ricerca del nostro equilibrio entro il vasto mondo che ci circonda e' aiutata anche tramite l'esperienza, la sensibilita' che ci costruiamo attraverso la vita, che diventa cosi' essenziale per capire la profonda e misteriosa essenza della natura.
Cio' che e' solo suggerito da una visione imperfetta, deve essere completato dal suo ricordo, dall'emozione che ci ha donato. Nel suo significato di "grazia profonda", lo Yugen ha un ruolo importante nel teatro Noh.
La cerimonia del te (cosi' come la pratica del giardino zen) riesce a coniugare questi concetti : Yugen e Aware nei suoi significati di moderazione, profondita' ed eleganza, il wabi/sabi inteso come semplicita' rustica.
 
  Kire

Il Kire (taglio) esprime invece la necessita' di separare un oggetto dal suo contesto naturale per coglierne l'essenza. E' esemplificato dalla pratica dell'Ikebana e dalla poesia Haiku.

  Iki
L'Iki e' l'estetica della seduzione.
Il concetto trova una sua applicazione nel mondo delle Geisha, dove la capacita' seduttiva e' elevata a pura arte.
Si puo' suddividere in tre passaggi ben definiti e codificati, come tre atti di uno spettacolo teatrale :
   la seduzione vera  e propria, fatta di movimenti sinuosi, mai volgari, che alternano grazia e sensualita', entro uno schema ben definito,  che l'abilita' della geisha  rende spontaneo;
   l'energia spirituale, il carburante che sostiene l'atto in tutti i suoi passaggi, e ne permette lo sviluppo;
   la rinuncia, che segna l'inevitabile fine, ma, mentre rivela l'artifizio del gioco (la geisha non vende amore, ma arte e bellezza), lo rende altrettanto reale.

 
Tutti questi aspetti dell'estetica giapponese (e molti altri), sono riassunti nel termine shibusa (o shibu) che ne definisce il risultato piu' alto.
Sette sono i suoi punti essenziali : semplicita', modestia, tranquillita', naturalezza, ruvidezza, l'implicito e la normalita'.

lunedì 10 ottobre 2016

RITORNO IN GIAPPONE

In poco tempo decido : ok, si torna in Giappone.
Troppe le cose lasciate sospese.
 Troppi i tasselli che mancano per illudersi, ancora una volta, di avere capito fino in fondo questo popolo enigmatico.
Per cui infilo le gambe sotto il tavolo, accendo il computer, ed inizio il mio secondo viaggio nel paese da cui origina il sole (e tante altre cose).
Lo compiro' attraverso l'analisi di alcune parole chiave, semplici all'apparenza, ma che, come tutto in Giappone, di semplice non hanno nulla.
 
Kanji 

Sono tre le civilta' che per prime hanno sviluppato un sistema di scrittura tramite l'utilizzo di rappresentazioni simboliche : gli egiziani, con i loro geroglifici, gli assiri e babilonesi con i caratteri cuneiformi, ed i cinesi, con l'utilizzo degli ideogrammi.
Il bisogno per tutti, era quello di trasmettere l'idea di un oggetto, di un avvenimento, di un sentimento, nel modo piu' chiaro e sintetico possibile.
L'ideogramma (kanji), piu' di una semplice parola, diventa cosi' una una piccola finestra aperta sull'anima di un popolo, lasciandoci intravedere il loro modo di interpretare il mondo che li circonda. Un esempio : la parola Isola e' composta da due kanji che significano rispettivamente, uccello e montagna.
Graficamente richiama proprio un volatile appollaiato su di una roccia, e deriva dall'osservazione che spesso gli uccelli marini nidificano su piccole isolette rocciose.
Questo metodo di scrittura inizia a prendere piede in Giappone, intorno al Vsecolo,, dopo i primi contatti con la cultura cinese.
 Successivamente accanto ai kanji, si sviluppano altri due tipi di scrittura autoctone :
     l'hiragana che semplifica il kanji sfruttando soprattutto le sue assonanze fonetiche e che fu inizialmente usato prevalentemente dalle donne, considerando gli ideogrammi cinesi troppo complicati,;
     il katakana, metodo di scrittura quasi stenografico utilizzato dagli studenti, forse per distinguersi dall'altro, vituperato, sesso.
Il primo viene oggi utilizzato per i verbi e le preposizioni; il secondo per tradurre i termini stranieri e scientifici.
Entrambi questi sillabari fonetici integrano l'uso della scrittura ideografica, creando un sistema originale e piu' adatto alla lingua giapponese. Oltre che avere una funzione puramente comunicativa, la scrittura ideografica nella cultura giapponese assunse nel tempo una valenza artistica, e ancor piu' spirituale.
Questo e' lo Sho-do, o via della calligrafia.
Con il suo attrezzario di pennelli, inchiostri, fogli speciali, panni assorbenti, fermacarte e recipienti vari, e'un sistema ritualizzato che necessita dedizione, applicazione e rigore. Lo scopo e' riuscire a creare un equilibrio tra mente e corpo, tra semplicita' e bellezza.
Chi la padroneggiava, poteva ambire ad elevarsi socialmente.
Per i samurai, invece, serviva per raggiungere l'equilibrio interiore necessario ad affrontare le sfide della propria professione.
Ma era, ed e', soprattutto pura arte, con il suo alternarsi di pieni e vuoti, di dolcezza ed energia, che seguono nel suo evolversi, le emozioni dell'artista.
 

giovedì 15 settembre 2016

Moro - Forlì con gli occhi bassi



Dice: parla di te, dei tuoi sogni, nella Forlì degli anni Novanta. Di quello che volevi diventare e di come ti sei perso, se ti sei perso. Di come la città ti ha sviato, ti ha bloccato e ti ha tradito. Ma Forlì non mi ha tradito. Quello che volevo diventare, più o meno, sono diventato. Certo, all'inizio volevo essere Beccalossi, Paul McCartney e T.S. Eliot – ma poi ho pensato che era meglio un posto fisso da intellettuale di stato.
            Quello che mi sono perso, negli anni Novanta come negli anni Ottanta, è Forlì.
            Scrivo questa cosa in un appartamento in periferia. Il PC è appoggiato su un tavolo nuovo in una cucina nuova – nuova per me – con vista sui tetti e sulle colline intorno a Predappio. Quando lavoro in casa guardo questo spicchio di colline in lontananza – ne imparo i contorni, ne interpreto le macchie di colore. Sono un po' mie: il pezzo che si vede bene, sotto al cornicione di un tetto, e quello seminascosto dietro a tre alberi e a un paio di parabole. Conosco queste colline meglio di quanto conoscessi qualunque pezzo della mia città negli anni Novanta. Le conosco perché le guardo. Forlì, negli anni Novanta, non la guardavo mai.
            Ho passato gli anni Ottanta e gli anni Novanta a spostarmi – in bicicletta, in macchina, a piedi – e a immaginare cose. Immaginavo quello che sarei diventato, o fantasticavo su quello che ormai non sarei più potuto diventare. Immaginavo storie con ragazze che sapevo di non poter avere. Immaginavo di diventare un calciatore, per qualche via fortunosa, senza neanche impegnarmici troppo. Immaginavo di essere un musicista famoso. Uno scrittore. Un professore universitario, un intellettuale letto e ascoltato. Immaginavo, e non alzavo mai lo sguardo. Piazza Saffi era un luogo di ritrovo con gli amici, corso Garibaldi e via delle Torri erano territori di caccia. Le chiese romaniche, i palazzi nobiliari, le vie romane, le spianate dove prima c'era un teatro – tutto questo non esisteva. Le terre desolate intorno a via Ravegnana o viale Risorgimento, per me, per noi, valevano quanto i vicoli di Schiavonia e Piazza Duomo, già Piazza Santa Croce – e forse di più, perché quando devi diventare qualcosa sono meglio le strade senza nome, rispetto alle piazze che di nomi ne hanno cambiati due o tre.
            Non guardare le cose, penso ora, è una forma di tradimento. Ma io Forlì, negli anni Novanta, l'ho tradita davvero, più volte e non solo col pensiero. L'ho snobbata e me la sono lasciata alle spalle – o almeno così credevo. Me ne andavo altrove, a conoscere altra gente, e intanto le colline erano qui che mi aspettavano.

domenica 4 settembre 2016

UN UNIVERSO DI CRISI INFINTE


Crisi.
Una parola che fa tremare i polsi, che odora di paura del futuro, di depressione, solitudine e sofferenza.
Tutti eventi non certo piacevoli, a meno che tu non sia un supereroe, che invece spesso si crogiola, come un poeta bohemmien, nell'abbraccio mortale dell'inevitabile fine dell'esistenza, ammantata di gloria imperitura.
Anche perche', si sa, per lui la fine, quella vera, non verra' mai.
Schiavo felice di un ciclo perenne di morti e rinascite, laicamente figlie del marketing, il dolore lo rende affascinante, la sua sofferenza fonte inesauribile di copie vendute, anche se scritte con il proprio sangue.
La DC comics soprattutto, ha fatto della parola Crisi e di tutto cio' che sottintende, un appuntamento annuale imprescindibile per ogni suo fan che voglia soffrire, e godere, insieme ai propri idoli.
Un sacrificio ogni tanto, per il divertimento del popolo acclamante, come nelle arene dei gladiatori dell'antica Roma.
In realta' vere e proprie apocalissi cosmiche, che coinvolgono universi interi, rivoltati come un calzino mille e mille volte, fino a lasciarli logori e pieni di buchi.
Ma finch'è' il popolo accorre ad assistere all'ennesimo sterminio di massa, non facciamoci troppi scrupoli ed andiamo avanti.

Flash dei due mondi (1961), capitolo primo

Tutto inizia nel 1961 sul numero 123 di Flash, dove fa capolino per la prima volta il concetto di Multiverso.
In questa avventura scritta da Gardner Fox e disegnata da Carmine Infantino in piena Silver Age ed intitolata : "Flash dei due mondi", durante un esibizione di beneficenza il velocista scarlatto vibra con una tale intensita' da attraversare il sottile confine tra i mondi alternativi, ritrovandosi improvvisamente nell'universo di Terra 2.
Egli scopre che esso coincide con quello fumettistico del suo eroe preferito, quel Jay Garrick (il Flash con la padella sulla testa), che fino ad allora egli credeva essere personaggio di pura fantasia.
Jay nasce dalla stessa penna di Fox, nel 1940 su Flash Comics, ed impazza durante la Golden Age insieme ai suoi compagni della Justice Society (Dr.Midnight, Hawkman, Johnny Thunder, The Atom), creando quell'fertile substrato da cui nasceranno i moderni eroi DC della Silver Age, alcuni (come Flash appunto), ripercorrendo pedissequamente, ma con piccoli aggiornamenti estetici (Garrick nasconde il suo costume scarlatto in un prosaico armadio, Allen invece in un avveniristico anello, e come faccia a rimettercelo dentro e' tutt'ora un mistero), i passi dei loro predecessori.
Epoca gloriosa, che veniva utile reinserire nel neonato mondo supereroistico, per ampliarne i confini.
I velocisti nella Dc comics, per la loro abilita' di attraversare le dimensioni, sono sempre stati utili esploratori di universi fisicamente o temporalmente alternativi.
Durante gli anni quaranta ne esistevano addirittura tre : Johnny Quick che otteneva il suo potere dopo aver pronunciato una formula matematica (3x2(9yz)4), il succitato Jay Garrick, e, primo fra tutti, il misterioso Quicksilver, poi divenuto Max Mercury nella sua rivisitazione da parte di Mark Waid, che aveva ottenuto i suoi poteri da uno shamano indiano, e che poi divenne il mentore dei primi due.
I viaggi nel tempo erano frequenti, ma Barry Allen (il Flash moderno), ando' oltre.
Fu il primo supereroe ad infrangere ogni possibile barriera dimensionale, tramite l'uso del suo Tapis roulant cosmico, anche quella considerata l'ultimo grande tabu' : la quarta parete.
In un gioco di rimandi tra realta' e fantasia, Barry dichiara che le storie che leggeva da ragazzino sul Flash/Golden Age, erano scritte proprio da Gardner Fox (autore nella realta' e nella finzione), ed alla fine della storia, si rivolge a noi lettori, affermando : " Devo andare da Gardner per raccontargli la mia avventura. Sono sicuro che ne trarra' una storia entusiasmante.".
L'incontro con il giovane Barry convincera' il piu' anziano, e ormai pensionato Jay a riprendere costume ed abitudini.
Questo episodio dara' il via ad una serie di incontri/scontri tra gli eroi delle due terre sia in solitaria (Flash 1 e Flash 2), che in gruppo (JLA e JSA).
Il gioco era cominciato.

sabato 3 settembre 2016

Siamo Proximi alla vita?

by Robo


Proxima del Centauro é una nana rossa. Una stella come tante nella nostra galassia, senza particolarità di rilievo. Non è uno di quei rari e affascinanti giganti dalla vita breve e agitata, nè fa parte degli strani  oggetti ibridi tra stelle e pianeti giganti, le nane brune, che hanno messo in crisi le nostre categorie e ci hanno ricordato che la realtà é continua anche se cerchiamo di ridurla alla nostra discrezione. Proxima appartiene alla tipologia di stelle prevalente nella nostra galassia; le nane rosse come lei costituiscono l'80% dell'intera popolazione stellare, é, potremmo dire, un oggetto "mediocre".
Ma una caratteristica rilevante Proxima ce l'ha: é la nostra dirimpettaia nel braccio di Orione della Via Lattea. Il Sole dista da lei "solo" 4 anni luce circa, un piccolo passo nelle immensità cosmiche ma un passo che forse non saremo in grado di fare per molto tempo ancora, a meno che lo Starshot program del miliardario Yuri Milner non diventi realtà


martedì 19 luglio 2016

LA SOLITUDINE DEL MOSTRO

Ai poli opposti del Mito stanno due figure antitetiche ma complementari:
 l'eroe scintillante, bello e perfetto, e il mostro deforme, la forza bruta, spesso simbolicamente sacrificabile alla fine dell'Impresa.
E' la normalita' contro la diversita', l'ordine contro il caos, entrambi necessari per definire la nostra dimensione umana, in una perenne guerra fratricida dell'anima.
Ma mentre l'eroe, in questa rappresentazione simbolica, trova proprio nella distruzione
della bestia la sua unica ragion d'essere, il mostro pare vivere di vita propria, di non a vere un gran bisogno del suo antagonista.
Egli se ne sta tranquillo nella sua caverna sotto la montagna, mentre l'eroe senza di lui e' un povero pupo siciliano disoccupato. Sia nella sua accezione romantica di fantasia letteraria, che sia frutto di un esperimento chimico o simbolo del nostro io piu' nascosto, sia in quella reale, come anomalia genetica o nella figura di chiunque sfugga a regole e parametri sociali, e' comunque un essere reale, perfettamente autonomo.
E' la faccia oscura della luna, impossibile da ignorare.
E proprio quel mostro che ci suscita empatia o tenerezza quando ne leggiamo la storia o ne osserviamo le imprese cinematografiche, ben piu' del suo altezzoso ed arrogante antagonista, nella realta', dove piu' ne avrebbe bisogno, ci provoca orrore e diffidenza.
La povera bestia sconfitta tocca le corde dell'emozione e della pieta', ma e' anche la sua faccia simpatica ed infantile, come testimonia il successo degli orrori grotteschi di "Monster and co", a rubare la scena all'anonimo guerriero, spesso nascosto dalle pesanti imbardature della purezza e dell'incrollabile fede.
Il mostro e' nudo, il mostro e' sincero.
Anche nella sua accezione piu' negativa, come i vari slashers seriali dei film dell'orrore sulle cui efferatezze si e' costruito un genere cinematografico di forte attrattiva, i vari Freddie Krueger o Michael Myers rivelano il loro carisma come unici veri protagonisti in un mondo di trascurabili agnelli sacrificali.
E la gente applaude.
Nella realta' della cronaca, come testimoniano le "fans" in delirio per il Pietro Maso della situazione, diventano troppo spesso vere e proprie stars di luccicanti ribalte mediatiche.
E' questo che affascina : il nostro piccolo Mr Hyde vive una vita estremamente semplificata, priva di regole e convenzioni : e' l'anarchia personificata, quel frammento della nostra anima che vorremmo vedere correre libero e selvaggio per i pascoli della vita.
 E se la sua corsa suscita terrore e provoca qualche vittima, poco importa : in fondo e' la sua natura.

martedì 31 maggio 2016

LA QUARTA PARETE (Da Plauto a Deadpool il passo e' breve, o no?)

 
Tra il mondo reale e quello di finzione, esiste convenzionalmente un sottile, etereo  diaframma, che ne definisce le distanze  e ne delimita i confini, rendendoli cosi' di volta  in volta opportunamente superabili.
Questa cosiddetta "Quarta Parete" avverte lo spettatore che cio' che sta guardando e' pura  immaginazione, ne rivela l'artifizio scenico, e rende palese quel gioco delle parti che si  deve per forza accettare per procedere oltre.
Potrebbe essere fisicamente rappresentata dal sipario, dallo schermo cinematografico, dalla  pagina del fumetto, ma piu' opportunamente e' una divisione della mente, una nostra  proiezione metafisica, necessaria per compiere il grande salto verso il "Mondo Oltre".
Una qualsiasi rappresentazione della realta',  diventa per noi oggetto vivo e pulsante solo  quando decidiamo volontariamente di accostarci alla quarta parete, che sia per interesse o  solo per curiosita'. Questo concetto, concreto e fondamentale in ogni rapporto pubblico/spettacolo, ha origini  lontane.
Il teatro
La rappresentazione teatrale e' una delle piu' antiche tecniche di spettacolo.
La tragedia greca nasce dalla necessita' di organizzare drammaturgicamente cerimonie e riti  religiosi. In queste manifestazioni popolari, inizialmente il Coro Greco era l'unico protagonista,  presentando e narrando le gesta della divinta' che si stava festeggiando.
Quando si comincio' a strutturare queste rappresentazioni entro un canovaccio codificato, ampliandone le tematiche con racconti sulle gesta degli Eroi, fu necessario introdurre una nuova figura : l'attore, che dal quel  momento in poi diventa il vero nucleo pulsante della vicenda.
L'origine greca del termine attore (hypocrites), ne evidenzia la natura dualista :  e' il bugiardo la cui menzogna diventa per lui, e per noi si accettiamo l'inganno, l'unica momentanea realta' possibile.
Quindi il Coro, scippato della ribalta, assume il ruolo, altrettanto importante, di  intermediario tra pubblico e rappresentazione, che,  come una vera e propria didascalia  vivente,  presenta agli spettatori la trama e il suo svolgimento, e nel contempo  dialoga anche con gli attori stessi.
Era la personificazione della quarta parete, la dichiarazione che quello che si sta  assistendo e' solo una rappresentazione del vero, qualcosa di fittizio che ha la sola  ambizione di intrattenere lo spettatore.

mercoledì 11 maggio 2016

Particelle (quello che ho capito io)

by Robo

Parliamo di particelle elementari. Siccome non vogliamo una semplice lista di nomi, proviamo a fare dei paragoni col mondo reale e con i rapporti tra le persone. Allora, su questa falsariga, pensiamo il mondo come fosse costituito da 2 grandi tipi di individui.
Il primo tipo é stanziale, e appena può, cioe' appena le condizioni di temperatura e pressione lo consentono, si ferma e mette su famiglia (i singles sono rari). Sono i Fermioni, i costituenti della materia e dei mattoni elementari della stessa, gli atomi.
Alcuni Fermioni, quelli detti Barioni, costituiscono agglomerati assimilabili a famiglie allargate, un po' come nella comuni degli anni '70 del secolo scorso dove c'erano tanti padri e tante madri: sono i nuclei atomici "abitati" da padri Protoni e mamme Neutrone. Nel nostro caso però non gira molta Maria e i babbi non si amano per nulla, anzi, si detestano vicendevolmente, e riescono a sopportarsi solo se ci sono mamme in quantità sufficiente; senza esagerare, peró, con la presenza femminile, senno' non va bene di nuovo (forse varrebbe anche per comunità umane, é questione di delicati equilibri).
Più la famiglia si ingrossa, più le mamme devono sopravanzare come numero i coniugi, altrimenti il menage diviene presto instabile e si spezza in gruppi più piccoli. Alcune comuni che si chiamano Plutonio, Uranio 235, e così via sono così grandi che é solo questione di tempo prima che si rompano, nonostante il gran numero di mamme pacificatrici, comunque sempre insufficienti.


domenica 1 maggio 2016

Plutone e confini

 by Robo

Dopo che Plutone fu declassato dall'essere un PIANETA ho avuto, per qualche tempo, una piccola crisi d'identità. Cosa?! È da sempre che i pianeti del sistema solare sono 9 e adesso invece di aumentare di numero torniamo indietro? E abbiamo prima scomodato il nome del signore del Tartaro per un sasso più piccolo della Luna, poi abbiamo deciso che non andava più bene lo status precedente... Bravi! Mi compiaccio! No, non passa. 


Molti furono d'accordo con me e ci fu una protesta internazionale, pacifica, con gente che uscì per strada con cartelli con su scritto cose tipo "Pluto for planet" ma l'Unione astronomica internazionale, stolida, rimase fissa sulla sua posizione: Plutone, pur col suo enorme (per lui) satellite, Caronte, non aveva ripulito la sua area di detriti e quindi non poteva più fregiarsi del titolo di "nono pianeta del sistema solare", sic!



martedì 5 aprile 2016

LA GRANDEZZA E' NEI PICCOLI

Laggiu' in un piccolo campo giochi, in mezzo ad enormi cose di plastica a forma di drago  o robot,  piene di scale e scivoli che spuntano da ogni parte come aculei di un istrice gigante, scorgo una moltitudine di bimbetti che giocano alacremente.
Il sole sta tramontando con la sua solita lentezza da fine primavera, ma essi sembrano aver  appena cominciato, visto il vigore e l'energia che ancora impiegano nell'operazione.
Piccole nuvolette ocra si alzano a tratti dal suolo sabbioso, e li fanno sparire alla  vista, cristallizzando nell'aria piccole parole solidificate, urli e strilli stilizzati,  come messi li apposta a mo' di  cartelli segnaletici.
Il messaggio e' chiaro : siamo qui e ci stiamo divertendo un mondo.
Li osservo, incuriosito dal baccano che si leva da quella piccola arena da battaglia.
Una selva intricata di teste e membra che si agitano al vento, ognuno tenta di afferrare  l'altro in una danza equilibrata : e' tutto cio' che si riesce a distinguere da quella  distanza, nell'aria che vibra della loro energia.
Mi alzo, chiudendo con uno scatto (delicato) il mio prezioso volumetto di "Watchmen" :  me lo ero portato dietro al parco per una sua ennesima rilettura, con l'intento  dell'archeologo professionista, perennemente alla ricerca della sua vignetta perduta.
Quindi inizio la mia marcia di avvicinamento.
I bimbi non danno segno di avermi notato, per cui ho tempo di osservarli con tutta calma,  mentre accorcio le distanze.
Non sono bimbi normali, non certo cio' che ti aspetteresti di vedere in una situazione  apparentemente banale come quella : un normale pomeriggio in un normale giardinetto dove  si svolge un normale sfogo pre-puberale.
Prima di tutto noto la mancanza di un qualunque genitore,  di qualsivoglia sesso od eta',  e soprattutto che a questa palese
anomalia nessuno sembra fare caso. Sono poche comunque le
persone qui intorno, e quelle poche se ne stanno prudentemente a  distanza di sicurezza, ognuno perso nei propri affari. Ora sono a pochi passi, e la loro anomalia appare ormai evidente. sia nei modi che nelle  fattezze.
Non sono semplicemente bimbi, sono qualcosa di piu', ma contemporaneamente con qualcosa  di meno che, ora che li ho riconosciuti, dovrebbero avere.

mercoledì 23 marzo 2016

BOR Capitolo 3 "Bor"


Erano quasi le sei e mezza di sera. Matteo ed io avremmo dovuto essere a casa a lavorare sulla ricerca sulle dicotiledoni per la Bargossi, la temibile insegnante di matematica e scienze naturali della sezione F della scuola media di Villafranca. Ed invece stavamo lì, fermi, affiancati sulle nostre bici, a poche pedalate dall’incrocio della Borra, un segno geometrico sulla mappa della campagna forlivese nella frazione di Branzolino.
     La nostra investigazione sulle attività della sera precedente, probabilmente un rito misterioso, empio e sacrilego, era intralciata dalla presenza sul luogo di un estraneo e non sapevamo come procedere.

lunedì 21 marzo 2016

BOR Capitolo 2 Il Curvone di Valentini


La via XIII Novembre nasce dal centro di Roncadello, passa sotto il ponte della autostrada e punta verso Ravenna in un percorso che è più o meno parallelo alla via Minarda.
Poche centinaia di metri più avanti raggiunge e supera un gruppo di case residenziali.
Da quel punto non ci sono più lampioni ai lati della strada ed inizia la campagna vera e propria, la periferia agricola roncadellese. Da un lato, fino al canale, l'estesa area coltivata a pere (la pirera di Ricci) e dall’altro le case coloniche ed i loro appezzamenti.   

mercoledì 16 marzo 2016

WUXIA - PARTE DUE (filmografia essenziale)


Dreadful melody (2004)                  New dragon gate inn (1992)    Bride with white hair (1993)







A touch of zen (19971)                          Fire dragon (1994)                                 Green snake (1993)







The assassin (2015)                                  Moon warriors (1993)                                Hero (2002)





Zu warriors (1993)                               Crouching tiger..(2000)                          Ashes of time (1994)





Wu xia (2011)                                       Swordsman /1990)                                      The blade (1995)





Butterfly and sword (1993)                One armed swordsman (1967)                The magic blade (1976)






 Seven swords (2005)                              Painted skin (2008)                        The lost bladesman (2011)





Duel to the death (1983)


IL WUXIA (e l'arte della manutenzione della fantasia)

PARTE PRIMA (la storia)
 
                        "Il genere umano non puo' sopportare troppa realta'"
                                                                 T.S.Eliot 
                                                                                                                            
Le dame, i cavalier, l'arme e gli amori.. 
Esiste un fil rouge che attraversa le culture popolari di tutto il mondo e collega in un  abbraccio globalizzato miti e leggende dalle piu' disparate origini.
Sono gli eroi senza macchia e senza esitazioni protagonisti di mille novelle, simboli  di inarrivabile perfezione etica e fisica (in fondo i progenitori dei moderni supereroi),  la personificazione della purezza e del coraggio al di la di ogni ragionevole dubbio, veri  e propri punti di riferimento per l'immaginario collettivo, per ogni eta', area geografica o  livello culturale.
Il bimbo cerca di emulare (e' nella sua natura), mentre l'adulto si accontenta di fragili  letture, piccole oasi di sereno abbandono, distanti dalle monotone abitudini del vivere  quotidiano.
Armature scintillanti e spade di fuoco, imprese epiche e sfide impossibili. tutto quello  che nel tempo ha dato origine al prolifico e redditizio filone del fantasy.
Questi alcuni degli storici protagonisti:
Cu Chulainn dalla verde Irlanda, figlio di dei e difensore della propria terra;
Beowful,  eroe nordico protagonista di uno dei piu' antichi poemi in prosa della storia, celebrato  in molteplici film, romanzi e fumetti, insieme alla sua nemesi, il mostro Grendel;
il paladino di Francia Orlando;
Gilgamesh eroe mesopotamico;
El Cid Campeador, terrore dei mori e patriota leggendario;
il sovrano inglese Artu',  con la sua poliedrica corte di amori scellerati e lotte fratricide.
Alcuni di loro, fortemente radicati nella cultura cattolica del proprio tempo, ne diventano vere e proprie incarnazioni nella millenaria lotta contro l'infedele, e le loro imprese sono spesso cariche di  simbolismi religiosi (ancor oggi ad il Santo Graal e' oggetto inafferrabile, sacro e misterioso).

Questo filo rosso (rosso come il sangue, come il coraggio), attraversa il mondo  aristocratico europeo (pieno di racconti di nobili eroi assetati di sangue di drago,  re e regine, principi e principesse), fino ad arrivare in estremo oriente, dove il  racconto epico, si dipana in ambientazioni decisamente piu' popolari e vicine al lettore  medio a cui si rivolge. Il cavaliere errante si toglie l'armatura, e indossa una piu' pratica veste di tessuto: e'  la figura del guerriero solitario, del monaco asceta, del discepolo di arti marziali.
 I protagonisti delle novelle wuxia che ne raccontano le gesta, nascono e crescono in ambiente  popolare (invece in occidente il villano e' piu' spesso celebrato per le sue doti intellettive, piuttosto che fisiche o morali).
La loro eccezionalità e' la diretta conseguenza di anni di duro  apprendimento delle arti marziali (che erano originariamente confinate nei monasteri  come pratica per la ricerca di equilibrio interiore), o dell'essere riusciti tramite la  meditazione a padroneggiare il proprio "qi" od energia interna, tanto da usarla come arma.
E' spesso piu' una faccenda spirituale che fisica.
Tanto che alcuni di loro, alla fine del loro percorso iniziatico trascendono ogni  dimensione umana, fino a diventare figure semi divine, i cosiddetti Immortali della  tradizione taoista.
 Nulla di magico percio', nulla che nasca al di fuori della sfera umana, trasmettendo  il messaggio che ognuno di noi puo' diventare un eroe, senza avere obbligatoriamente   nobili origini, fortunosi incontri con talismani dagli immensi poteri, o, piu'  recentemente, essere trasformati dall'esposizione a materiali radioattivi.
Un tocco di wuxia
Wu-xia e' l'unione di due parole "wu" che significa marziale, militare, e "xia" che puo'  essere tradotto come cavaliere errante.
In realta' i protagonisti dei wuxia, raramente usano mezzi di trasporto  che non
siano le proprie gambe (d'altronde visto che all'occorrenza possono anche volare, non ne hanno un particolare bisogno), e sopperiscono alle proprie ristrettezze  economiche con una grande e ricca forza interiore.
Fenomeno culturale nato in Cina durante il periodo degli stati combattenti  (dal 453 al 221 a.c.), inizialmente solo in ambito letterario  (il cosiddetto wuxia xiaoshuo), coinvolgendo poi ogni forma di intrattenimento popolare,  fino ad arrivare alla sua consacrazione definitiva come fenomeno di massa verso la meta'  del secolo scorso, con il filone cinematografico delle pellicole wuxia pian. In ogni sua manifestazione il wuxia fonde perfettamente due aspetti drammaturgici del  componimento epico : l'epopea gloriosa del romanzo cavalleresco, e la tragedia catartica  del dramma elisabettiano.

Non fermiamoci alle apparenze : il wuxia per la Cina (esattamente come le storie dei  samurai per il Giappone) e' una faccenda dannatamente seria, che, al di la dell'esaltazione  e della spettacolarizzazione della fisicita' dei combattimenti, tratta piu' profondamente  dei valori imprescindibili della societa' cinese : onore, rispetto, lealta', sacrificio.
I pilastri fondanti della cultura confuciana (per il suo aspetto sociologico), e taoista  (per quello spirituale).

L'eroe incarna il concetto di rettitudine (rappresentata dalla parola "Yi"), e ne diventa  la rappresentazione più' concreta.
Spesso di umili origini (a differenza del Giappone, dove l'uso della spada era ad  appannaggio esclusivo dei samurai, in Cina chiunque poteva tenerne una), si oppone al  governo corrotto ed ai suoi funzionari (una frequente realta' per la Cina di quel periodo),  come ad esempio l'eunuco di corte con tutta la sua carica di ambiguità morale e sessuale,  per vendicare i torti subiti, anche a costo della vita.
Racconti con una forte componente educativa e morale, dove il nucleo pulsante e'  la ricerca (della vendetta, della sacra spada), il viaggio, spesso piu' interiore che effettivo, sublimato dall'estremo  sacrificio dell'eroe, in un raggiungimento della propria realizzazione (spirituale e morale), anche attraverso sangue e dolore.
Un vero e proprio percorso iniziatico.
Il genere wuxia prende origine da una forma di letteratura in voga durante la  dinastia Tang, e cioe' piccoli racconti popolari intrisi di elementi soprannaturali  con una morale finale (un po' le nostre favole) denominati chuanqi,  da cui nascono  alcune varianti come il gong 'an (dectective story, che hanno il loro esempio piu'  famoso dei casi del Giudice Dee), gli yinzi'er (racconti fantastici, ai confini della  realta'), e i tie qi'er (le avventure dei cavalieri erranti).
Durante gli anni venti venne duramente osteggiato dal governo perche' esaltava la 
violenza e l'individualismo, tradendo gli ideali confuciani di unita' e collettivismo  sociale  (spesso infatti l'eroe compie la sua impresa da solo contro tutti), ma riprese  vigore dopo la fine della seconda guerra mondiale, merito soprattutto, negli gli anni  cinquanta, dell'opera di  Jin Yong (suo e' l'unico romanzo del genere tradotto  in Italia : "La volpe volante della montagna innevata", insieme al classico " I briganti",  splendidamente riadattato a fumetti da Magnus).
Ma e' con il cinema che il genere wuxia ha avuto la sua diffusione maggiore.

domenica 21 febbraio 2016

LSOC (Evoluzione e rivoluzione nel fumetto supereroistico)


Da dove vengono le idee?
Da un misterioso iperuranio come teorizzava Platone, da una dimensione parallela, oppure si possono piu' semplicemente progettare a tavolino per creare opere di sicuro successo?
Sono frutto del caso (o della necessità) come fosse un vero e proprio processo darwiniano?
Ma soprattutto: come evolvono le idee?
Quand'è che diventano una vera  rivoluzione,  lasciando libera la fantasia di frantumare gli argini della fredda logica per esondare nel  terreno della pura illogicità?

Che sia chiaro fin da ora: non risponderò esaurientemente a nessuna di queste domande...

domenica 14 febbraio 2016

Onde invisibili nel cosmo

by Robo

Quando Einstein, dopo la Relatività speciale, scrisse le equazioni della Relatività generale (ossia aggiunse la perturbazione indotta dalla massa nello spazio-tempo) ne scaturì una nuova rappresentazione del cosmo. Lo spazio diventava una tela tridimensionale, impossibile da visualizzare per noi se non togliendo una dimensione e descritto tramite formalismi matematici, in cui i corpi dotati di massa lasciano un'impronta che rappresenta la gravità. Questo incurvamento dello spazio rende bene la spiegazione delle rivoluzioni dei corpi celesti attorno ad altri più massicci, anche se, in realtà, si ha una rotazione comune attorno al centro di massa del sistema stesso ma se uno dei corpi ne contiene il 99%  va da sè che il suo centro coincide praticamente con quello già citato. Ma questo veniva già spiegato efficacemente dalle leggi della gravitazione di Newton.
Però, se è intuitivo, dopo Newton, che due corpi si attraggano, gli avvallamenti dello spazio tempo consentono di spiegare il fatto che anche la luce, che massa non ha, devia serfando su queste ondulazioni, fino a esserne talora collimata, come accade con le lenti gravitazionali:  masse enormi, di solito ammassi di galassie, che fanno convergere, per caso lungo la nostra linea visuale, la luce di oggetti posti dietro di loro, concentrandola, aumentandone l'intensità. Insomma, dei fortuiti telescopi naturali che ci fanno osservare la luce di oggetti debolissimi, anche se la sagoma ne risulta fortemente deformata. 

domenica 24 gennaio 2016

IL CORPO DEL MONDO


Hong Kong: ore 8,30
Mr Chen si guarda allo specchio.
Come tutte le mattine prova vari sorrisi, cercando quello che risulti il piu' credibile. Oggi l'operazione si rivela piu' difficile del solito. Il suo sforzo e' palese, e quasi gli sembra di sentire piccoli scricchiolii di protesta ad ogni suo tentativo.
Non si sente particolarmente in sintonia con il resto del mondo, e la causa e' un piccolo dolore che lo tormenta dalla sera precedente, e che gli ha reso il sonno terribilmente leggero ed intermittente.
La cosa che gli sta crescendo dentro, giorno dopo giorno, e che fa ormai parte della sua  vita, si e' risvegliata e afferma la sua esistenza con stilettate impietose. Anche se ormai ci si e' abituato e la considera una parte di se che semplicemente  ha  deciso di seguire un'esistenza autonoma, libera da vincoli anatomici, sta rischiando di  spezzare irrimediabilmente quell'equilibrio interiore faticosamente raggiunto dopo anni di meditazione.
E soprattutto fa male. Oggi piu' di altri giorni, e per questo il sorriso non gli riesce bene, risultando davvero poco spontaneo.
Ma bisogna accontentarsi perche' il dovere chiama, come gli ricorda  improvvisamente il pulsare dello smartphone nella tasca dei jeans.
Il dott. Chen manda giu' in fretta due pillole bianche, si liscia i capelli all'indietro  con due palmi di gel, afferra il lungo camice appeso ad un gancio a forma di dragone, ed esce finalmente ad affrontare la giornata.